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  • Libro parlato Lions - donazione dal Lions Club Ostiglia
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L’Associazione Lions Club ha offerto una speciale e utilissima opportunità a Fondazione Salutevita: poter usufruire entro dicembre 2023 del LIBRO PARLATO. Il LIBRO PARLATO LIONS è un service nato per volere del Lions Club Verbania nel 1975 per dare modo a tutte le persone ipovedenti di poter usufruire della lettura di libri nonostante la loro condizione; per dare modo di diffondere questo fondamentale servizio sono state reclutate persone chiamate “Donatori di Voce” che si sono offerti di leggere i libri registrando nel contempo la loro voce; negli anni le letture si sono ampliate dando così la possibilità di registrare anche libri di testo per scuole superiori e per università. Il Servizio si sta rivolgendo, grazie alla tecnologia, a moltissime categorie di persone che non sono in grado di leggere in modo autonomo, come persone anziane, persone affette da morbo di Parkinson, Sclerosi Multipla e SLA, persone che devono subire lunghe ospedalizzazioni o terapie prolungate. Allo stato attuale, LIBRO PARLATO ha all’attivo 10.000 titoli di narrativa italiana, europea ed americana, letteratura classica, saggistica, religione, sociologia, psicologia, teatro, musica, storia, geografia, scienze, saggistica scientifica, poesia, opere per ragazzi, opere in lingua straniera lette da donatori di lingua madre. È disponibile anche la APP Libro Parlato, che potrà essere installata su tablet o smartphone, dando la possibilità di ricercare il libro da leggere, scaricarlo e tenerlo in archivio. Gli audiolibri sono scaricabili e ascoltabili ovunque, anche senza necessità di connessione Internet, inoltre l’utilizzo è molto semplice. Grazie all’opportunità che LIONS CLUB offre, Fondazione Salutevita potrà proporre agli Ospiti che amano leggere, ma che sono affetti da ipovisus, letture di libri a loro scelta tra quelli presenti nell’audiobiblioteca. L’attività di lettura potrà stimolare nei nostri Ospiti le loro capacità di attenzione e comprensione, rievocare emozioni e ricordi, oltre ad offrire un importante stimolo culturale. Fondazione Salutevita ringrazia profondamente Lions Club per la graditissima e utile opportunità offerta, certi che potrà far riscoprire ai nostri Ospiti il piacere della lettura.


  • Rsa, la tenuta dell’intero sistema è a rischio Corriere della sera ed. Brescia 07/07/2023

AUDIZIONE UNEBA E ARIS: LA SITUAZIONE DELLE RSA IN LOMBARDIA

La crisi del sistema sanitario è qualcosa con cui ci scontriamo tutti, pazienti e addetti ai lavori: all’interno di uno scenario di riforma che poggia sui principi della prossimità, equità e innovazione manca uno sguardo al sistema nel suo complesso. Il domicilio è stato eletto quale luogo privilegiato di cura e tale principio è alla base dell’evoluzione delle politiche sanitarie e sociosanitarie degli ultimi anni. L’enfasi posta, soprattutto negli ultimi tempi, sul setting domiciliare, però, rischia di perdere di vista le situazioni più critiche e i bisogni più complessi che non riescono a trovare una risposta coerente al bisogno, all’interno della propria casa.

Le criticità, nel sistema dei servizi sociosanitari, portate drammaticamente in evidenza dall’epidemia COVID-19, si inseriscono in un contesto di sofferenza complessiva del sistema sociosanitario, che in larga misura preesistevano e che si sono manifestate in modo più evidente e drammatico. Un sistema, fatto di servizi dedicati alle persone fragili, che inevitabilmente costituisce una parte fondamentale del sistema dei servizi territoriali, che nel corso degli anni sono stati considerati residuali rispetto al sistema dei servizi ospedalieri, il cui disegno complessivo risale a più di 20 anni fa ma che vede i nostri Enti impegnati quotidianamente a lavorare con bisogni nuovi, in rapida evoluzione, e con nuove aspettative degli utenti, costruendo risposte all’interno di servizi caratterizzati da forti rigidità definite in un tempo ormai troppo lontano.

Nel tempo la richiesta degli utenti si è spostata da una domanda di “prestazioni” destinate a rispondere a specifici bisogni alla richiesta di percorsi “condivisi” e attenti alle dimensioni personali connesse alla relazione di “aiuto”. Oggi più di ieri ci viene chiesto di essere servizi “attenti” alle persone e alle loro famiglie e non ai soli bisogni di natura sociosanitaria.

Le RSA sono uno dei servizi più strutturati dell’offerta per anziani: poco amate, ma indispensabili quando il bisogno dell’anziano e della sua famiglia non può più trovare risposte in setting a minor intensità assistenziale e sono sicuramente, oggi più che in passato, un comparto sotto finanziato: le RSA sono chiamate a rispondere a bisogni sempre più complessi e a garantire livelli di assistenza sempre più intensivi, che mettono in evidenza il pesante disallineamento tra le risorse pubbliche dedicate al sistema e i costi sostenuti dalle strutture. I 48€ medi di contributo giornaliero dovrebbero garantire la copertura delle spese sanitarie legate all’assistenza: presenza di personale medico e infermieristico (con le difficoltà di reperimento ormai note), farmaci, presidi...elementi caratterizzati da importanti aumenti cui non è corrisposto un adeguato rifinanziamento pubblico.

Tutti i monitoraggi realizzati in questo periodo tra i nostri associati hanno infatti evidenziato la preoccupazione per la tenuta dell’intero sistema; preoccupazione che nasce da una crescente e diffusa crisi finanziaria conseguente ad un sistema di regole non più coerente con i bisogni, la cui applicazione amplia continuamente la forbice tra costi e ricavi. Gli attuali livelli di remunerazione dei servizi, nonostante gli interventi di adeguamento degli ultimi anni[1], sono infatti significativamente inferiori ai costi di gestione degli stessi.

Siamo stati rimproverati di chiedere sempre soldi e aumenti tariffari tuttavia questo è inevitabile perché navighiamo a vista e non abbiamo certezza delle risorse che ci verranno assegnate; se potessimo muoverci in un contesto programmatorio di più ampio respiro della DGR delle Regole, con una chiarezza di risorse e linee di sviluppo del sistema, potremmo lavorare su altri aspetti di governo.

Come già anticipato, il bisogno è profondamente cambiato mentre il contesto normativo che regola queste strutture è lo stesso da oltre un ventennio. I dati presentati dall’Osservatorio RSA della LIUC lo scorso febbraio evidenziano un incremento del tasso di mortalità nei primi 30 giorni di ricovero con una percentuale che passa dal 4,83% del 2019 all’8,15% del 2020 per salire ancora al 10,10% nel 2021. Parallelamente il numero di anziani provenienti direttamente dall’ospedale è salito dal 7,38% del 2019 al 11,42% del 2021 (dato che ribadisce il ruolo cruciale del sistema sociosanitario per la tenuta dell’intero sistema sanitario: l’anziano che dall’ospedale viene inserito in RSA è un anziano che non può tornare a casa: cosa accadrebbe se non ci fossero le RSA?). In linea con questi trend la degenza media è scesa da 857 giorni nel 2019, a 501 nel 2020 per arrivare a 452 nel 2021.

Il sistema deve essere rivisto nel suo complesso, superando la logica prestazionale e partendo dal ruolo che le RSA possono e devono ricoprire. Chiediamo una riforma che poggi su 4 parole chiave:

qualità della vita: attenzione che si sposta dai temi della fragilità della persona alla persona nella sua interezza, nella complessità della sua storia personale e familiare, nelle aspettative e attese soprattutto centrate sui suoi percorsi di relazioni sociali e affettivi;

prossimità: intesa non solo nella sua dimensione territoriale, ma anche come elemento di natura psicologica, di vicinanza intesa non solo nella sua dimensione fisica, ma anche come atteggiamento del sistema dei servizi nella capacità di ascolto, di comprensione dei bisogni espressi e non solo, cui far corrispondere gli interventi;

multiservizi: le RSA possono e devono assumere un ruolo attivo non solo nella programmazione ma anche nell’erogazione di prestazioni specialistiche, focalizzate e calibrate sulla cronicità e sulle grandi fragilità. Le nostre strutture, non solo in area anziani, lavorano da tempo in un’ottica di filiera che, negli ultimi anni si è sviluppata sempre più verso il continuum assistenziale. Le strutture ed i servizi oltre che essere una risposta a specifici bisogni di specifiche persone, sono un patrimonio del territorio capace di realizzare sinergie e comunicazioni tra i cittadini e i servizi in una logica nella quale i servizi – divenuti multiservizi – si pongono in relazione d’aiuto con le famiglie e le persone fragili;

rifinanziamento: il settore socio sanitario necessita di maggiori risorse finanziarie e del superamento della stagione delle sperimentazioni gestionali; risorse finanziarie commisurate al lavoro svolto e alla complessità dei bisogni accolti.

Un nuovo modello quindi che, con un costante controllo pubblico a garanzia dei cittadini, sappia valorizzare il patrimonio di esperienze e competenze maturate negli anni dal comparto sociosanitario ed in particolare dagli Enti del Terzo Settore.

Cosa chiediamo quindi a Regione Lombardia:

  • una programmazione che dia una prospettiva temporale che consenta di organizzare i servizi realizzando gli investimenti necessari, e questo percorso deve considerare il sociosanitario non come un erogatore di prestazioni ma come un attore con cui co-progettare e co-costruire quella dimensione del territorio accogliente, capace cioè di farsi carico delle persone fragili e delle loro famiglie;
  • la rimodulazione delle tariffe conseguente ad una rivalutazione e stratificazione del bisogno accolto e coerenti con lo standard assistenziale garantito, con l’obiettivo di ridurre la distanza tra costi e sistema di finanziamento delle nostre strutture valorizzando la qualità della cura;
  • valorizzazione del know how in termini di prossimità: RSA come attori seduti al tavolo di coprogettazione in grado di mettere a disposizione del sistema, esperienze e servizi;
  • sperimentazione di nuovi modelli di integrazione tra ospedale (acuzie) e territorio (presa in carico e accompagnamento all’interno della rete d’offerta) riconoscendo il ruolo di multiservizi svolto ormai da tempo da moltissime delle nostre RSA;
  • messa a sistema della misura RSA Aperta che, in qualità di erogatore di prestazioni domiciliari, deve vedersi riconosciuta pari dignità delle C-Dom e un sistema di remunerazione coerente con le prestazioni erogate (la funzione di case manager è requisito necessario ma non tariffato e ancora una valutazione condotta al domicilio da un medico, nella maggior parte dei casi geriatra, e un’assistente sociale remunerata in misura nemmeno sufficiente a coprire i costi riconosciuti ai professionisti).

In conclusione UNEBA rinnova la richiesta di essere parte attiva del processo di programmazione e la disponibilità a co-costruire e sperimentare nuovi modelli di presa in carico che poggino su decenni di esperienza e professionalità forti.

 

Presidente UNEBA Lombardia

Avv. Luca Degani

Coordinatrice commissione anziani UNEBA Lombardia

Dr.ssa Stefania Pozzati

 

 

[1] Dal 2020 Regione Lombardia ha riconosciuto aumenti delle tariffe sanitarie (non per tutte le UdO), peraltro su importi fermi da oltre un decennio, pari a circa l’8% a fronte di un incremento dei costi, nel medesimo periodo, che sfiora il 20%.


  • DICONO DI NOI - SERMIDIANA MAGAZINE GIUGNO 2023

Il numero in edicola - Sermidiana: il magazine di Sermide e del Basso Mantovano


  • Intervista a Sebastiano Capurso: RSA in crisi, quali prospettive?

Scarsità di personale in RSA: un problema trascurato

Nel 2023 lo scenario del settore sociosanitario dell’assistenza residenziale rivolta agli anziani non autosufficienti presenta, come è noto, diverse criticità. Quali sono, in questo momento, secondo la tua visione, quelle principali?

Possiamo dire che siamo messi male, in grandissime difficoltà di tipo organizzativo. La carenza di personale si fa sentire ogni giorno di più. Ed è una cosa impressionante come ci sia una quasi inconsapevolezza della gravità di questa situazione. Per esempio: per garantire tutti i servizi (e la rotazione, e le ferie) noi gestori siamo costretti a chiedere i salti mortali al poco personale disponibile. Purtroppo non vedo nemmeno all’orizzonte le soluzioni di questo problema: cioè non mi pare che la politica, le Regioni, lo Stato, il Ministero, gli ordini professionali si stiano impegnando veramente su questo fronte. Viceversa mi pare che lo stiano trascurando in modo incomprensibile, e questo porterà a una crisi veramente insostenibile del nostro sistema.

Soluzioni tampone…

Quindi, un primo problema che ci induce grande preoccupazione è proprio la carenza di personale: una realtà che bisogna affrontare tutti i giorni, avendo la necessità di coprire tutti i servizi. In merito ci sono iniziative un po’ disarticolate delle varie regioni, con situazioni transitorie quali gli infermieri provenienti dall’estero e altre soluzioni tamponesarebbe necessario un documento di impegno tra tutte le organizzazioni del settore, ma dopo mille rinvii questo documento comune non si riesce a fare.

Ho impressione che ci siano riserve da parte di coloro che ostacolano quella che dovrebbe essere la giusta iniziativa:

… e soluzioni realizzabili

Aumentare i posti presso le scuole dei corsi di laurea in scienze infermieristiche – e sostenere gli studenti – potrebbe essere una delle soluzioni per ridurre il problema della carenza di personale in RSA. Una volta chi frequentava le scuole infermieri aveva un supporto economico e quindi poteva affrontare con maggiore serenità questo percorso di studi.

Tirocini retribuiti

E ancora, la possibilità di fare dei tirocini anche retribuiti presso le strutture. Sono iniziative per le quali anche noi, come Anaste, siamo disponibili a mettere delle risorse con l’obiettivo di attrarre e valorizzare gli infermieri. Queste cose, unitamente alla riduzione delle tasse universitarie, rappresentano un percorso per facilitare chi voglia affrontare questi studi.

Migliori condizioni economiche

Una volta ottenuta la laurea abilitante in scienze infermieristiche si deve puntare a un miglioramento delle condizioni economiche, perché anche questo conta, unitamente a una diversa organizzazione dell’ambiente di lavoro.

Formazione specifica

Va anche prevista una formazione specifica per le attività territoriali: oggi nelle scuole infermieristiche, come nelle scuole di medicina, ci si occupa per il 99% di materie sanitarie, mentre si affronta pochissimo l’attività di relazione, che è quella che invece serve nell’assistenza cronica di lungo termine. Il punto è la necessità di una revisione completa, sostanziale e rapida dei contenuti e dei processi formativi del personale sociosanitario specializzato.

La situazione degli OSS

E parliamo anche degli Operatori Socio Sanitari...

Infatti, poi c’è il problema degli OSS, che meriterebbe un’indicazione nazionale, perché ogni Regione sta creando delle soluzioni diverse, generando precedenti che poi rischiano di essere complicati e, per così dire pericolosi. Tra l’altro ho visto anche le proposte delle associazioni professionali degli OSS, quali il ritorno al cosiddetto infermiere generico, all’operatore di comunità, all’assistente familiare. Si tratta di ipotesi tra loro completamente scoordinate: si rischia così di perdere altro tempo, mentre tra poco avremo il collasso anche per gli OSS.

Gli OSS migliori: passano dal settore privato al pubblico

Quindi francamente non so più chi andrà ad assistere gli anziani e i disabili nelle strutture territoriali. Oggi abbiamo notevoli carenze di personale, molti sono andati via. I più attenti e più capaci (in particolare) sono passati dal settore privato a quello pubblico, trovando la collocazione che auspicavano nei reparti ospedalieri.  Spesso però, sono assegnati all’attività territoriale, o ad attività da scrivania, finendo alle centrali di coordinamento, alle centrali operative territoriali, ai centri vaccinali, e a funzioni di supporto all’assistenza domiciliare. Di fatto, pochissimi sono quelli che sono andati “sul campo” come avrebbero desiderato e sperato.

L’infermiere è da solo, sotto vari punti di vista

Ho notato che dallo scorso anno accademico il numero delle iscrizioni si è raddoppiato e altrettanto accadrà l’anno prossimo. La mia impressione è che i tirocini connotano per lo più una formazione ospedaliera, mentre non ci sono percorsi specifici, per esempio quello geriatrico. Ovvero manca una specializzazione che motivi le persone, rafforzandole nelle competenze, capacità e aspettative professionali.

Il numero degli iscritti al primo anno è aumentato, ma rimane ancora altissimo il numero degli abbandoni durante il corso di studi, così che il numero finale dei laureati resta insufficiente.

E manca di certo una visione sugli aspetti complessivi. Ho lavorato come medico in ospedale per tantissimi anni e mi sono occupato anche di assistenza domiciliare: la formazione dell’infermiere territoriale, per esempio, non si è mai fatta, anche se si tratta a tutti gli effetti di un lavoro completamente diverso.

Per la maggior parte del tempo si gira nelle case, ci si deve rapportare con malati spesso complicati e i loro familiari, con situazioni complesse anche dal punto di vista sociale. Tutto ciò senza una formazione preliminare per quello che riguarda la gestione di un paziente a domicilio, anche dal punto di vista relazionale. L’infermiere si trova da solo a dover saper fare un po’ di tutto, senza nessuno a cui chiedere un supporto, un aiuto, una consulenza sul campo. Peraltro il sistema sanitario ha accolto all’interno migliaia di infermieri stranieri, creando nuovi ostacoli di barriera linguistica e culturale, ulteriori elementi per la discesa della qualità dei servizi.

Carenza di personale in RSA: un problema misconosciuto dalle istituzioni

C’è una visione carente, e non unica, in un quadro che vede scollegate su questi temi le Istituzioni, la politica, le associazioni datoriali e professionali…

Infatti. In questi anni il Ministero, le Regioni, gli ordini professionali e le università non si sono distinti nelle loro valutazioni, anche riguardo agli aspetti numerici. Le proposte quantitative avanzate dallo Stato si sono discostate pochissimo da quelle degli altri Enti. Non si è letta unitariamente la carenza di centomila infermieri, ma sono stati proposti numeri diversi, nettamente inferiori. Il problema è apparso come se fosse una novità – pur avendone evidenza da almeno un decennio – e si è riscontrata una carenza di personale non solo italiana ma europea. Un disastro atteso, annunciato. Oggi lo facciamo comparire come un’emergenza ma era una questione prevedibile: pian piano i nodi arrivano sempre al pettine.